In alto, sul Sarcofago di San Luca si ammira la copia cinquecentesca della «Madonna Costantinopolitana»: bella la pittura e bella la lastra di rame sbalzato e dorato che inquadra i due volti. La cornice di bronzo e i due Angeli in volo di Amleto Sartori (1960). Del medesimo sono gli otto bracci portalampade di bronzo attorno all’abside (1961), e il disegno del piccolo coro. L’ambone e il portacero in bronzo a sinistra dell’altare di Giancarlo Milani. I documenti in nostro possesso segnalano la presenza della Immagine della Madonna Costantinopolitana nel Monastero di Santa Giustina a partire dal XII secolo e divenne oggetto di viva devozione popolare. Secondo alcuni studiosi sarebbe l’immagine mariana più antica che si conosca a Padova, di stile nettamente bizantino, venerata e invocata dai padovani come la Salus Populi Patavini.
L’icona si presenta gravemente compromessa, tranne parte del volto della Madonna e del Bambino. La tavola è danneggiata da evidenti bruciature, che non è dato sapere se provocate da un incendio fortuito o dagli iconoclasti. La provenienza è certamente da Costantinopoli. Nel Cinquecento a un pittore venne affidata la trascrizione del volto della Madonna e del Bambino su cuoio e tutto il resto fu rivestito da una rizza d’argento dorato e sbalzato con le figure della Vergine e del Bambino. Dietro questa nuova immagine, come in una teca, fu conservata l’icona antica. Mentre il Monastero subiva le trasformazioni dell’occupazione napoleonica, la Chiesa divenne Parrocchia amministrata dal clero diocesano.
Il 23 maggio 1909 Mons. Andrea Panzoni promosse l’incoronazione solenne dell’Icona costantinopolitana. Egli intendeva così contribuire alla maggiore valorizzazione del tempio che proprio in quell’anno fu elevato alla dignità di Basilica Minore Romana da Pio X. Nello stesso anno, un primo contingente di monaci, proveniente da Praglia, ritornò nel monastero dopo oltre un secolo dalla soppressione napoleonica e riprese il culto e la venerazione alla Madonna Costantinopolitana secondo la più antica tradizione.
Ancor oggi il 23 maggio – giorno anniversario della sua incoronazione – si svolge una solenne e suggestiva processione cittadina in Prato della Valle. Nel 1959 si separò l’icona vera e propria dalla riza di argento dorato e sbalzato che la proteggeva anteriormente. La riza ha trovato la sua collocazione definitiva in Basilica nel braccio del transetto di S. Luca, sorretta da due angeli (opera di Amleto Sartori, 1960). I volti della Vergine e del Bambino Gesù, dipinti su tela, sono attribuiti a Moretto da Brescia (terzo decennio del XVI sec.). La tavola di legno sottostante fu affidata al restauro del prof. Lazzarin che sotto una patina di resina bruciacchiata scoprì alcuni frammenti di pittura originale. Al termine del restauro venne custodita e venerata nella Cappella interna del Monastero. La tradizione che la vuole salvata da Costantinopoli al tempo della persecuzione iconoclasta nell’VIII sec. non regge alla critica storica: fu giudicata del XII sec. circa dal prof. Lorenzoni per alcune caratteristiche stilistiche delle aureole e del mento della Vergine.
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